02 Dic Tra le vigne del Tignanello: racconto semiserio su un week end enoico. Seconda puntata
(Per leggere la prima puntata vai qui)
Mi avvicino a uno dei due. Parliamo dell’annata, del tempo che è improvvisamente cambiato costringendoli ad anticipare la vendemmia, delle tre sorelle Antinori che controllano personalmente la produzione di tutte le aziende vitivinicole sparse per il mondo, del suo lavoro che gli piace da matti “anche se c’è da lavorare nei week end”.
Poi, appena dietro di lui il mio occhio vede quello che la mente non ha ancora messo a fuoco: la cantina di produzione. La porta è aperta, un fremito. Circa venti metri mi dividono dal luogo in cui tutto avviene, dove il mosto fermenta in grandi cisterne d’acciaio, ribollendo, dove il vino fiore viene tolto e trasferito nelle barriques. Ogni vitigno, solingo, segue lo stesso destino. Poi, il Sangiovese, il Cabernet Sauvignon e il Cabernet Franc, finalmente, si incontrano. Vengono assemblati, lasciati riposare in altre botti di rovere per 12 mesi ed, infine, imbottigliati.
Il Tignanello, lo si può ben dire, è stato uno dei primi “vini moderni” prodotti nel nostro Paese, antesignano di quel modus operandi che ha visto l’utilizzo della barrique anche per i nostri vitigni autoctoni. Amato da alcuni, vituperato da altri che l’accusano di essere troppo “ruffiano”, questo vino nato dall’intuizione dell’enologo Giacomo Tachis non lascia, di certo, indifferenti. Chiedersi se la tradizione del Sangiovese risulti o no snaturata dall’internazionalità del Cabernet Sauvignon (10%) e del Cabernet Franc (5%), sono discorsi che, in quel preciso momento, non mi sfiorano neanche.
I miei pensieri vengono disturbati dall’arrivo di una macchina, è uno dei responsabili di cantina. Parla con l’altro operaio, ci indica. Si avvicina, si presenta. Non ho il coraggio di chiederglielo, sono già stata così fortunata, ed invece lo faccio: “E’ possibile fare una visita?”. Lui storce il naso. “No – dice – le visite sono guidate e su appuntamento”. E lo so, dico tra me e me… Mantengo la calma, fingendo noncuranza. “Ma almeno vedere la cantina di produzione?” – ri-storce il naso, nella sua mente “i soliti turisti del week end”, io lo anticipo: “Sa, siamo due sommelier, io scrivo per un giornale bergamasco di enogastronomia…”. Peggio, nella sua mente “la solita giornalista…”. Poi, evidentemente “preso per sfinimento” ci dice che possiamo entrare.
to be continued…