11 Giu Verticale del Cru Colle Calvario: ventisette anni e non sentirli
La passione per il mondo vinicolo l’ha ereditata dal nonno, Cristina Kettliz, proprietaria dell’azienda vinicola Castello di Grumello, quel maestoso maniero medievale si erge solingo nell’omonimo paese in provincia di Bergamo. Questa elegante “Donna del vino”, tra le più attive dell’omonima associazione, è riuscita in questi anni a imporre la sua azienda nel panorama vinicolo bergamasco di qualità, investendo su ricerca e tecnologia.
Un’impresa certamente non facile in un territorio come quello della Valcalepio, che fatica spesso a imporsi fuori provincia e che, talvolta, è vituperato dagli stessi bergamaschi. Eppure la verticale del Cru Colle Calvario ha fatto cadere più di un pregiudizio sulla finezza e la potenzialità di invecchiamento del taglio bordolese declinato in questo territorio, e per primi proprio ai numerosi bergamaschi presenti in sala; dimostrazione che la Valcalepio ha tutte le carte in regola per produrre grandissimi vini, a patto che – sia beninteso – si facciano scelte intelligenti votate alla qualità.
A guidare la degustazione delle annate 1988, 1991, 1997, 1998, 2001, 2005 e 2007, Nicola Bonera, che con l’enologo Paolo Zadra, figlio di Enrico, storico primo enologo dell’azienda, ha spiegato la storia e le peculiarità del Cru Colle Calvario, un vino unico per esposizione e caratteristiche. Il Colle Calvario Valcalepio Rosso Riserva, questa è la sua denominazione ufficiale, viene prodotto solo in alcune annate dai vigneti più vecchi dell’azienda, allevati su terreni marnosi-calcarei esposti a sud, sud-est, situati sulla sommità collinare a 400 m slm.
La vendemmia viene fatta a mano, utilizzando cassette da 15-18 chili. Il 90% dell’uva è vinificata utilizzando la classica diraspatura e pressatura soffice in acciaio, a cui fa seguito la macerazione per 20-25 giorni e la malolattica. Il rimanente 10% appassisce in fruttai per 10-15 giorni, per poi essere pressata e fermentata. La successiva maturazione viene fatta in barrique di rovere francese per 18 mesi, a cui segue l’assemblaggio (40% Merlot, 60% Cabernet, ma le percentuali possono variare a seconda dell’annata) e il successivo riposo in bottiglia per 5-7 mesi. Queste sono le tecniche utilizzate, in particolare, per le annate di produzione degli ultimi quindici anni, mentre per le prime – ora praticamente introvabili – venivano seguite altre metodologie di cantina, via, via modificatesi in base al mutato gusto del consumatore e all’evoluzione tecnologica del settore.
Degustare sette annate del Cru Colle Calvario che abbracciano gli ultimi ventisette anni di produzione del Castello di Grumello, ha significato quindi fare un viaggio emotivo e tecnico nel passato vinicolo, non solo di questa gloriosa azienda, ma più in generale della Valcalepio e del vino italiano.
La degustazione
Colle Calvario 2007: al naso emerge il frutto, potentemente mitigato da una nota burrosa. Evidente l’alcolicità al naso, che dà in bocca un buon corpo e morbidezza. Tannini dolcissimi e levigati.
Colle Calvario 2005: naso più intenso, complesso e maturo dell’annata precedente. Bel corredo aromatico di spezie e terziari. In bocca fibra più nervosa, con bellissima espressione minerale.
Colle Calvario 2001: tra le annate più interessanti. Emerge subito la nota di grafite e inchiostro, supportato da profumi vegetali e fruttati. Secondo Nicola Bonera, “Ricorda uno Chateau Margaux per finezza espressiva”. Tannino medio e finale meno minerale del 2005. Buona freschezza, grande bevibilità ed eleganza. Un grandissimo vino.
Colle Calvario 1998: trama aromatica di frutta cotta. Nei minuti di degustazione è quello che cambia meno nel bicchiere. Tra tutte le annate forse la più “piccola”, ma rimane comunque un prodotto interessante. In bocca tannini polverosi e retrogusto di liquirizia.
Colle Calvario 1997: annata molto interessante, in continua evoluzione del bicchiere. Tono fresco al naso, con labili accenni di peperone e frutto dolce. In bocca è intenso, con tannini avvolgenti. Una continua scoperta.
Colle Calvario 1991: naso fresco e leggermente metallico, che lascia spazio dopo qualche minuto a un buon corredo aromatico di frutti neri e una ricordo di liquirizia. E’ il vino che più degli altri si discosta dalla tipicità del Cru Colle Calvario, per la freschezza in bocca che prevale sul tutto il resto. Secondo Pietro Pellegrini “è il vino mai pronto”, per l’acidità spiccata, poco sostenuta dalle altre durezze, e non riequilibrata dalle morbidezze. Da prendersi così com’è.
Colle Calvario 1988: naso intenso di frutta cotta e fieno secco. In bocca permane l’acidità e la struttura, con tannini presenti. Un vino che ha ventisette anni, che conserva una certa nota croccante nella trama. Inaspettato.