Le Mont 2006, Domaine Huet Vouvray Aoc

Le Mont 2006, Domaine Huet Vouvray Aoc

Questo vino viene dalla Loira, dal territorio di Vouvray, non molto distante da Tour. Il vitigno in purezza è di quelli che non avevo mai provato, lo Chenin Blanc caratterizzato da grande potenzialità di invecchiamento, mineralità e freschezza.

Coltivato principalmente nella zona di Touraine e Anjou- Saumur, il vitigno è oggi presente anche in Sud Africa, portato a fine Ottocento dal professor Perold, quello stesso scienziato che realizzò il Pinotage, l’incrocio tra Pinot Noir e Cinsault.

Nella zona di Anjou, vale la pena sottolinea la presenza di due imperdibili denominazioni a 100% Chenin Blanc: la Roche-aux -Moines e il celeberrimo Coulée-de-Serrant, di Nicolas Joly, antesignano dell’agricoltura biodinamica in Francia.

Lo Chenin Blanc reagisce molto bene alla muffa nobile, tant’è vero che nel Coteaux du Layon, sulla riva meridionale del fiume, si trovano dei vini botritizzati di grande livello nelle denominazione Bonnezeaux Coteaux du Layon e Quarts-de-Chaume.

A Vouvray si declina sia nella versione pétillant, secca e dolce. Questa versione “sec” che ho degustato, consigliato da Simone Luraghi, “talebano dei vini biologici e biodinamici“, come lui stesso ama chiamarsi (leggi la mia intervista tratta dall’Arcante n. 14), è della Domaine Huet, azienda di un certo peso, nella zona, che riporta in etichetta le “Triple A“. Si tratta del manifesto dei vini biodinamici: A come “Agricoltori, Artisti ed Artigiani”, caratteristiche che un produttore deve possedere per fare un buon vino, secondo la loro filosofia. L’azienda oggi è gestita da Nöel Pinguet, genero di Gaston Huet che ha proseguito il suo lavoro estendendo la filosofia del biodinamico su tutti i vigneti dell’azienda, circa 40 ettari. Per approfondire leggi la mia inchiesta sui vini naturali tratta da Affari di Gola del novembre 2010.

Il vino, ovviamente chiarificato in maniera naturale, si presentava di uno splendido color paglierino tendente all’oro intenso. Bella luminosità. I profumi richiamano la mineralità del terreno, con immediati sentori di idrocarburi, note fumè che si intervallano ad aromi di agrumi piuttosto spinti. Lasciato nel bicchiere la mineralità sale a note di pietra focaia. In bocca è morbido, con perfetta corrispondenza dei profumi, sapido e fresco. Retrogusto, un’inaspettata nota amaricante, quasi di stecca di liquirizia.