03 Mag Moscato di Scanzo, rossa perla bergamasca
Da due anni ha avuto il riconoscimento della Docg, Denominazione di Origine Controllata e Garantita, la prima della provincia di Bergamo. E’ il Moscato di Scanzo Docg, vino passito da meditazione, rosso rubino carico che si esprime con belle note di frutta matura, che con gli anni si arricchiscono di profumi minerali, di pietra focaia e di incenso. La zona in cui è prodotto è appena un fazzoletto di sessanta ettari coltivati nella parte sud di Scanzorosciate, sulle colline più esposte al sole. Il Moscato di Scanzo è un vitigno autocnono antico, caratteristico e particolare, forse portato dai primi coloni romani della zona, le cui tracce documentali certe risalgono a un carteggio del Vescovo feudatario della Tribulina di Scanzo il quale, nel 1372, disquisiva di quanto “moscadello” gli dovessero fornire i suoi coloni.
Da allora e dalle lotte intestine tra i Guelfi di Scanzo e i Ghibellini di Rosciate, che pare si disputassero le ambite botticelle di “moscadello” a suon di battaglie truculente, il vitigno ha trovato la sua prima fortuna tra il seicento e il settecento, portato sino alla corte russa da Giacomo Quarenghi. Pittore bergamasco e architetto di grande levatura, Quarenghi, chiamato alla corte di Caterina II di Russia alla fine del Settecento, fece dono di alcune bottiglie di questo passito color rosso rubino. Fu uno dei primi casi di sponsorizzazione internazionale tanto che, pare (e dico pare) la grande Caterina ne fece nettare d’elezione per tutta la sua corte.
Oggi questa produzione ha trovato la tutela e il riconoscimento che merita anche grazie al Consorzio del Moscato di Scanzo che raggruppa trentadue produttori che, per anni, si sono battuti per la sua rinascita e salvaguardia, scongiurando anche il rischio di estinzione del vitigno. La crisi della viticoltura, infatti, ne aveva ridotto la produzione tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ed aveva portato alla quasi completa scomparsa delle viti piantate, negli anni Settanta. Dobbiamo quindi dire grazie al Consorzio, nato nel 1982, se oggi possiamo gustare ancora questa perla autoctona bergamasca.
Il Moscato di Scanzo è senza dubbio un vino passito interessante, di certo il più particolare e storico di tutta la zona che trova, nella quasi totalità della Valcalepio vitigni internazionali come il Cabernet Sauvignon e il Merlot. Berlo quindi è come rendere omaggio al passato, alla natura e a chi, ancora oggi, l’ama e lo difende. Massima espressione per questo vitigno è la zona del monte Bastia grazie a una particolare esposizione delle uve al sole, dall’alba al tramonto, e grazie a una conformazione calcarea chiamata “Sas de Luna”, una pietra bianca che non solo drena l’acqua e restituisce il calore alla vigna durante la notte, ma che si trova ad appena 30 cm sotto il terreno, limitandone la resa e permettendo una maggiore concentrazione delle sostanze terpeniche nell’uva.
L’anno scorso sono andata a trovare un produttore, Biava, ed è stato un piacere autentico, non solo per l’alta qualità dei vini, ma anche per la disponibilità e la simpatia dirompente di Manuele Biava, fondatore e proprietario dell’azienda, e del suo mitico assistente “bocia”, Marco Malvezzi, a cui si deve l’accattivante slogan “Bevo bene, bevo Biava”. Che coppia, ragazzi!
Durante la visita dell’azienda, Manuele ci ha anche raccontato di avere, tra i suoi numerosi estimatori, anche un noto presentatore che, in più di un’occasione ha dichiarato intelevisione “Che vino sceglierei per conquistare una donna? Facile, il Moscato di Scanzo Biava!”. Mica male, no? Ottimo abbinamento, per questo passito, è la pasticceria secca e i formaggi della zona tra cui il quasi introvabile strachitunt della Val Brembana.